Di proprietà delle famiglie Cima e D’Emarese, la struttura che oggi ospita gli uffici municipali e le scuole elementari, fu acquistata dagli amministratori del Comune il 17 maggio 1873.
Come casa di civile abitazione la costruzione originaria era in parte differente da quella attualmente visibile.
Non esisteva infatti il loggiato inferiore mentre, al piano abitativo si accedeva da due scaloni laterali.
Gli archi che caratterizzano il Palazzo sono detti ARCHI CANAVESANI ed hanno una tipica forma elittica.
A sinistra del primo arco superiore si può notare un’antica MERIDIANA sotto la quale fu in un primo tempo collocata la lapide che ricordava i Caduti della prima guerra mondiale.
Spostata più volte attualmente la lapide si trova sotto i platani di fronte al comune.
Bairo potrebbe essere definito “il paese delle chiesette o delle cappelle” se tutte quelle di cui si ha notizia esistessero ancora. Di due di esse in particolare si sono perse le tracce, anche se ne possiamo orientativamente stabilire l’ubicazione. Parliamo infatti della Chiesa di San Pietro che doveva trovarsi pressoché di fronte alla Chiesa di Santa Maria in Zinzolano; lo confermerebbe il fatto che
in quella area esiste un campo denominato “San Pietro”, oggi proprietà di un privato.
L’altra Chiesa, di cui si sono praticamente perse le tracce, sarebbe stata lungo la direttrice per Castellamonte.
Era dedicata a Sant’Orso e della sua esistenza, probabilmente intorno agli anni 1000-1300, ne sono ancora oggi testimonianza una zona agricola denominata “Sant’Orso”, una cascina definita “’d la
gesia” (della chiesa) ed alcuni reperti archeologici.
La cascina si trova lontano dall’abitato di Bairo, orientativamente verso Castellamonte, ed il suo appellativo non avrebbe ragion d’essere se lì intorno non vi fosse stata una Chiesa.
La Chiesa di Santa Marta, risalente al 1600, era retta dalla confraternita omonima, costituita da laici.
Nel 1945, a causa dell’esplosione di una bomba, l’interno della Chiesa crollò e la sacrestia venne adibita a luogo di culto.
La vecchia struttura che fu prima teatro e poi cinema, è oggi nuovamente teatro, riportato all’antico splendore.
Suona strano il nome dato a questo luogo di culto, di cui si hanno notizie già intorno all’anno mille.
Pare comunque che l’antica Chiesa sia stata costruita in seguito all’apparizione della Vergine in un noccioleto, una coltivazione florida in quella zona in quel periodo.
Il termine dialettale “NINSOLA” sarebbe poi diventato in italiano “Zinzolano”, anche se la stessa area viene definita in modi talvolta soltanto similari.
L’antica, così come la nuova costruzione (quest’ultima risalente al 1700 circa), si trovava in un punto strategico della Via Romea, ben visibile tanto per i pellegrini provenienti da Ivrea e diretti a Rivarolo, quanto per quelli che da Rivarolo intendevano raggiungere Ivrea.
Alla Chiesa era annesso un piccolo romitorio presso il quale i viandanti trovavano ristoro.
Pur legata alla Chiesa rivarolese di S.Michele, Santa Maria in Zinzolano godeva in effetti di extra-territorialità e dipendeva direttamente dal SANTO SEPOLCRO.
Fulcro della fede per gli abitanti di Bairo, la Chiesa veniva mensilmente raggiunta in processione, e ciò fino ai primi anni del nostro secolo. Da circa 20 anni la Chiesa è stata restituita al suo antico splendore grazie agli interventi della Fraternita religiosa di Nazareth, che ne conserva all’interno una serie di quadri dedicati alla Madonna.
Gli “ex-voto”, dono dei locali, sono invece attualmente
tenuti nell’adiacente campanile.
Pur nel suo piccolo, la Chiesa rispetta la struttura di un più ampio Tempio, in quanto può essere suddivisa in tre navate. In quella centrale spicca l’Altar Maggiore circondato da uno splendido coro,
mentre la navata di destra contiene un altare dedicato alla Madonna e quella di sinistra uno dedicato a San Giuseppe.
La nuova Parrocchiale venne costruita sulle rovine della vecchia Chiesa, in realt� di dimensioni ben
pi� ridotte. I lavori di ricostruzione iniziarono il 17 novembre 1764 e la Chiesa venne consacrata
dal Vescovo di Ivrea, Monsignor Pochettini, il 25 settembre 1777. La nuova Parrocchiale, eretta
su progetto dell�architetto alladiese Bernascone, venne dedicata a San Giorgio Martire, patrono del
paese. La festa patronale si festeggia la prima domenica del mese di maggio.
La Chiesa venne ricostruita con l�ausilio della popolazione, che diede inizio ai lavori, coordinata
dal barone Vagina D�Emarese. La facciata � in stile barocco, mentre la scalinata di accesso al
sagrato, appartenuta alla Chiesa precedente e ampliata per adeguarla alle dimensioni di quella
attuale, conserva ancora le vestigia dell�antico edificio. Sul lato destro della Parrocchia si erge un
campanile di dimensioni ridotte e si apre una piccola porta di accesso laterale. Entrando in Chiesa,
ai lati del portale, sono visibile due antichi cavi di colonne su cui sono incise le principali date
relative alla storia dell�edificio.
Internamente il tempio presenta una navata centrale, su cui spiccano
l�Altra Maggiore ed il Coro, e due pseudo-navate laterali con relativi altari. Da notare, sulla destra,
il Battistero, dove venne battezzato il Cardinale Carlo Furno.
A destra dell�Altar Maggiore, che risale al 1800 circa, vi � la Sacrestia, mentre a sinistra ci si
immette nel corridoio che porta al sovrappasso collegato alla casa parrocchiale. Sopra il portale
d�ingresso � visibile l�organo, la cui costruzione originale risale all�Ottocento.
Pur mantenendo la
struttura antica il meccanismo interno � stato rinnovato nel 1914. Attualmente il prezioso strumento
viene utilizzato durante alcune celebrazioni solenni. L�interno della Chiesa Parrocchiale venne
restaurato negli anni 1932-33 ad opera del professor Busca, docente all�Accademia Albertina di
Belle Arti di Torino e di alcuni suoi allievi.
Il Ricetto, costruzione fortificata delimitata da alte mura venne costruito per ovviare alle incursioni
di invasori e soldataglie. Questa costruzione si rivel� utile in quanto gli unici due assalti che si
ricordano, e che sono quelli del 1630 e del 1641, ebbero esito negativo. Il Ricetto era costituito da
una serie di micro-unit� abitative che venivano utilizzate anche come magazzino e ricovero per gli
animali.
Al centro del Ricetto, intorno al 1800 circa, fu costruita una ghiacciaia che funzion� fino agli
anni �40 di questo secolo. Ad essa potevano accedere tutti gli abitanti della Comunit�.
La piazzetta prospiciente l�ex-sacrestia della Chiesa di Santa Marta prende il nome dialettale di ��l
bal� . Tale nome deriva dal fatto che in questo luogo avvenivano le feste danzanti intorno all�albero
della libert�, eretto alla fine del 1700 per onorare la venuta dei francesi. Accanto all�albero della
libert� erano coltivati i gelsi, che vennero utilizzati per l�allevamento dei bachi da seta. La seta
infatti fu un prodotto locale esportato per molto tempo con notevole successo.
L�origine dei loro nomi � legata ai materiali di costruzione.
Della TORRE BIANCA non esistono pi� tracce in quanto crollata intorno al 1700; si presume,
per�, che la sua locazione fosse al limite estremo della linea di fuga vicino alla porta est.
La TORRE ROSSA si trova al centro del Ricetto e venne costruita intorno al 1300/1400.
Nel 1600 ospitava gli uffici del Comune e le Scuole elementari. A partire dagli anni �30 la Torre
divenne l�abitazione di Desiderio Trabucco, noto come il �Papillon del Canadese�.
Tra le caratteristiche della Torre, l�orologio che risale al 1803 ed il cui meccanismo venne realizzato
dal fabbro-orologiaio barese Pistono Battista.
Dalla Torre parte un cunicolo, che sicuramente portava fuori dall�abitato, ma si presume collegasse
Bairo ad Agli�.
Anticamente nei sotterranei della Torre venivano reclusi i prigionieri, che poi venivano giustiziati
sulla Torre stessa ed appesi al suo esterno ad una pietra a forma di gancio, affinch� tutti potessero
vederli.
Nel XVIII secolo la famiglia Vagina divenne la pi� ricca e la pi� in vista del paese e volle onorare
questa ricchezza con un titolo nobiliare.
Fu nel 1781 che Vittorio Amedeo III confer� al Vagina il titolo di Barone D�Emarese, piccolo
centro della Valle D�Aosta nei pressi di Saint Vincent.
Il palazzo dei baroni D�Emarese conserva tracce di costruzione cinquecentesca anche se il suo
complesso � chiaramente settecentesco; formato da pi� fabbricati adibiti a funzioni diverse, nella
parte sud ospit�, nell�ottocento, la lavorazione della seta.
Successivamente la filatura fu spostata in un palazzo attiguo e funzion� fino al 1910 circa.
In un�altra ala del palazzo vi era la distilleria dove ebbe inizio la produzione dell�AMARO BAIRO,
voluta dal barone Eugenio D�Emarese.
Tutta la struttura fu poi trasferita alla periferia del paese dove il prodotto venne fabbricato per
oltre un secolo e la cui produzione cess� nel 1969.
Da quella data la formula e il marchio furono
acquistati dalla BUTON.
Nel 1908 il palazzo D�Emarese fu acquistato dai Fratelli Maristi, una congregazione religiosa
francese, che vi stabil� il suo noviziato.
Risale a questo periodo la costruzione della galleria che collega la parte Nord del palazzo con la
parte Sud.
Gli archi sono di forma canavesana, come quelli del palazzo comunale.
Nel 1970 i fratelli Maristi lasciarono il paese e dal 1977 il palazzo D�Emarese divenne la casa di
riposo per anziani �Residence del Frate�.
Inoltrandosi nella campagna, si pu� ammirare l�ingegnosa opera voluta dal maresciallo Carlo Coss�
de Brissac. Si tratta del canale di Caluso, zona per la cui irrigazione era stata prevista tale utile
innovazione e che era in quel tempo (siamo intorno al 1556) feudo del succitato maresciallo. Nato
per rimediare ad una siccit�, il canale partiva da Spineto ed attraversava diversi paesi del Canadese
fino a giungere alla sua destinazione finale. Nel tratto in cui attraversava Bairo fu chiamato per
molti anni �Bialera Brissaca� ed ancora oggi � per tutti, la �bialera� (roggia). Dal 1760 il canale
divenne propriet� del Regio Demanio.
Tornando indietro negli anni ci ritroviamo a dover parlare del 1561, quando il maresciallo de
Brissac concesse alla Comunit� di Bairo di costruire un mulino, ora propriet� privata, e la autorizz�
ad usarlo tanto per la molitura dei cereali quanto per la pesta della canapa. Il mulino era dotato
infatti di tre ruote, di cui oggi ne resta visibile una sola, in metallo, risalente al nostro secolo.